L'ultimo banco

Dicembre 2023

Ho un nipote che fa la prima elementare: ha la fortuna di essere intelligente e pieno di curiosità, va a scuola con piacere e le sue maestre, attente ai bisogni dei bambini, mi sembrano capaci di impostare un clima di collaborazione più che di competizione. Una bella classe, direi, e spero che duri così. Recentemente la mamma si è assentata da casa per una settimana, e quando è tornata il bambino le ha detto che gli è molto mancata ed era molto inquieto, anche a scuola: così in classe le maestre gli hanno cambiato banco e lo hanno spostato a metà aula, mentre prima era sempre stato in uno degli ULTIMI BANCHI. Abbiamo così capito che in quella classe gli alunni più attenti e capaci stanno, appunto, negli ultimi banchi mentre quelli più svogliati o a qualsiasi titolo svantaggiati stanno nei primi, più vicini alle maestre e alle loro attenzioni.

Bene e male
Durante le settimane in cui Bankei faceva il suo ritiro di meditazione, gli allievi venivano da tutto il Giappone per assistervi. Nel corso di uno di questi seminari, un allievo fu sorpreso a rubare. L'episodio fu riferito a Bankei con la richiesta che il colpevole fosse scacciato. Bankei ignorò il fatto. Successivamente l'allievo fu colto di nuovo in flagrante, e anche stavolta Bankei non si curò della faccenda. Questo fece andare in collera gli altri allievi, che presentarono una petizione in cui chiedevano l'allontanamento del ladro, affermando che altrimenti se ne sarebbero andati tutti quanti.
Allorché Bankei lesse la petizione, li convocò tutti. «Voi siete fratelli assennati» disse. «Voi sapete quello che è bene e quello che non lo è. Voi potete andarvene a studiare altrove, se così vi garba, ma questo povero fratello non sa nemmeno distinguere il bene dal male. Chi glielo insegnerà, se non lo faccio io? Lo terrò qui anche se doveste andarvene tutti quanti». Un fiume di lacrime inondò la faccia del fratello che aveva rubato. Ogni desiderio di rubare era scomparso in lui.
(da  101 storie Zen, a cura di Nyogen Senzaki e Paul Kreps, Adelphi, 1973)

Sono stato insegnante in varie scuole superiori, per più di vent'anni, e mi trovo spesso a riflettere sulle esperienze di scuola mie e di altri: l'episodio di vita scolastica di mio nipote mi ha fatto venire in mente la storia di Bankei, il maestro Zen che si "tiene vicino" l'allievo problematico... e debbo confessare che, siccome mi piacciono i giochi di parole, ho collegato il nome del buon Bankei con i banchi delle buone maestre di mio nipote.

A metà degli anni sessanta fui professore di Storia e filosofia in un liceo modenese e ricordo un alunno molto svogliato che con ostentazione andava sempre in un banco dell'ultima fila, dove leggeva altre cose, sonnecchiava e pur non disturbando non seguiva la lezione. Io cercavo di coinvolgerlo, lo facevo venire in un banco più "esposto" e spesso gli rivolgevo qualche parola, mentre lui cercava di sottrarsi e mi pregava di dargli pure due ma di lasciarlo in pace. Non ricordo altro di lui, non saprei nemmeno dire se alla fine fu promosso o se perse l'anno, ma parecchi anni più tardi qualcuno mi disse che si era dedicato allo studio delle lingue orientali. Recentemente ho trovato il suo cognome citato a proposito di un convegno tenuto qualche anno fa sul buddismo contemporaneo e sono andato a controllare il suo curriculum vitae. Non è lui, è più giovane di uno che abbia fatto il liceo più di cinquant'anni fa, tuttavia sono contento di portare ancora il ricordo di quel ragazzo che, benché studente svogliato e proprio perché studente svogliato, mi pareva meritare lo sforzo di tenerlo vicino.

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