DOMANDE E RISPOSTE, 9
9 - Ma allora non è la stessa cosa sfogarsi con un amico fidato, o "sputare il rospo" sfogandosi con uno sconosciuto (magari un compagno di viaggio in treno), o parlare con il proprio confessore?
No, non è la stessa cosa, anche se si tratta certo di opportunità che possono essere preziose: l'amico è per definizione coinvolto anche nella realtà quotidiana e partecipa emotivamente, si schiera, giudica e consiglia, è di solito pronto ad intervenire concretamente in aiuto; l'incontro occasionale ci consente sì di sputare il rospo, cioè di allentare una pressione emotiva, ma la cosa finisce lì e il rospo rinasce dentro di noi, cioè dopo il sollievo dello sfogo la situazione interna di solito si ricompone con tutte le sue complicazioni e sofferenze; il confessore regola i rapporti fra la coscienza e la morale garantita dalla volontà di Dio, e se c'è sincero pentimento assolve dal peccato commesso ed esorta a non peccare più... L'analista è coinvolto nella relazione ma è estraneo alla realtà quotidiana del paziente; ascolta racconti e sfoghi ma non fa da cestino dei rifiuti perché condivide e restituisce emozioni e ricordi anche penosi perché siano rielaborati e trovino senso in nuove rappresentazioni di sé. La nostra mente infatti conserva traccia di tutto, anche di ciò che non crediamo di ricordare, e la rimozione finisce per nascondere alla coscienza contenuti mentali che a livello inconscio continuano a operare, sicché Freud ebbe a definire la nevrosi come malattia della memoria. L'analista non giudica, non condanna e non assolve perché si pone come alleato a chi cerca i suoi propri criteri di giudizio per avere la coscienza in pace nella relazione con se stesso e con gli altri.